Nel mondo si assiste al continuo aumento di resistenti agli antibiotici (e più in generale degli antimicrobici). L’antimicrobico resistenza (AMR), così chiamata dal punto di vista scientifico, uccide ogni anno circa 700.000 persone.
Si assiste alla comparsa di “superbatteri” resistenti agli antimicrobici – per esempio antibiotici – e alla loro capacità di resistere a un farmaco al quale erano precedentemente sensibili.
Questo avviene perché i batteri possono sfuggire agli antibiotici creando nuovi meccanismi di resistenza attraverso mutazioni genetiche che minano a lungo andare la capacità di curare le comuni malattie infettive. Questo processo è naturale ma viene favorito da una serie di fattori determinati da scelte umane.
Gli antibiotici uccidono i batteri o ne impediscono la proliferazione, attraverso diversi processi: 1) Inibizione della sintesi della parete cellulare, 2) Inibizione della sintesi delle proteine; 3) Inibizione della produzione di acido nucleico, 4) Alterazione delle proprietà della membrana cellulare, 5) Ostacolo alla funzione dei metaboliti.
Una delle cause del problema è l’uso indiscriminato di antibiotici nelle società occidentali. Si assiste a un paradosso: intere aree del pianeta vivono quotidiana carenza di antibiotici mentre in altre si abusa di tali farmaci, al punto di arrivare a minare la salute globale, soprattutto nelle aree più povere e fragili.
Ma non è solo un abuso di farmaci “consapevole”, ma è anche un problema di sicurezza alimentare: un ambito rilevante della questione riguarda gli allevamenti animali, in particolare quelli intensivi. Lì si assiste a un cospicuo e ingiustificato uso di antimicrobici e antibiotici che finiscono poi nella carne destinata al consumo umano e che vengono assimilati in maniera inconsapevole, accelerando il processo di creazione di batteri immuni al trattamento farmacologico.
L’Unione Europea è intervenuta sulla questione pubblicando il 6 ottobre 2021 il Regolamento delegato (UE) 2021/1760 – che integra il Regolamento (UE) 2019/6 – stabilendo i criteri per la designazione degli antimicrobici che devono essere riservati al trattamento di determinate infezioni nell’uomo.
All’origine di questo regolamento c’è stato un dibattito parlamentare iniziato dalla proposta di Martin Häusling e approvata in via preliminare dalla Commissione Salute e Ambiente (ENVI) del Parlamento Europeo.
Questa mozione proponeva di limitare gli antimicrobici di importanza critica (CIAs) esclusivamente all’uso umano e vietarli in ambito veterinario, seguendo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e non quelli suggeriti dall’Antimicrobial Advice Ad Hoc Expert Group (AMEG) dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA).
Nella discussione parlamentare però – anche in conseguenza del massiccio intervento delle associazioni di categoria degli allevatori e di associazioni che si occupano di salute animale – non si è riusciti ad approvare l’idea iniziale di Martin Häusling e il 15 settembre 2021 il Parlamento Europeo ha votato a maggioranza (450 contrari alla mozione, 204 favorevoli e 32 astenuti su 686 votanti) per il respingimento della mozione, confermando il testo del Regolamento che seguiva i criteri AMEG/EMA.
A corollario di questa decisione è stato prodotto un report, il terzo rapporto congiunto – tra le agenzie del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (ECDC), dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) – sul consumo di antibiotici (AMC) in medicina umana e veterinaria e la comparsa di antimicrobico resistenza (AMR) nei batteri zoonotici isolati dall’uomo e dagli animali produttori di alimenti, orientato a fornire rilevanze e a chiarire la situazione a livello comunitario.
Questo report ha analizzato i dati a livello europeo delle annate 2016-2018, in questo periodo per la prima volta dal 2011 è stato più basso il consumo di antibiotici complessivo negli animali produttori di alimenti che nell’uomo, producendo un effetto positivo sui dati relativi all’antimicrobico resistenza.
In altre parole l’Unione Europea e le sue agenzie competenti suggeriscono di orientarsi alla prevenzione delle infezioni sia negli esseri umani, sia negli animali produttori di alimenti e di controllare e promuovere un uso consapevole e limitato degli agenti antimicrobici, perché la salute collettiva dipende anche da questo.