Le molestie olfattive: un problema complesso

Con il termine molestie olfattive si intendono le fonti di cattivi odori disperse nell’ambiente. Si parla di un tema complesso e multiforme che tocca diverse questioni: l’ambiente, in primis, ma anche le relazioni sociali.

A complicare la situazione c’è una questione di fondo: l’odore è determinato da una risposta soggettiva delle cellule olfattive del naso, stimolate dalla presenza di molecole aerodisperse e di fatto non tutte le persone reagiscono e rispondono nello stesso modo. Non esiste insomma una “scala oggettiva” capace di misurare e quantificare il fenomeno.

Fatta questa dovuta premessa, va ricordato che non necessariamente la presenza di cattivi odori significa tossicità: si è quindi di fronte a un problema che non riguarda esclusivamente l’impatto sulla salute dei cittadini, ma qualcosa che ha più a che fare col benessere e la qualità di vita delle persone. Insomma si intrecciano il settore ambientale con quello sanitario e della convivenza civile.

Molto spesso le molestie olfattive sono connesse ai processi produttivi: sicuramente una gestione più oculata e un sistema costante di monitoraggio degli impianti può essere la chiave per affrontare il problema. Infatti le molestie odorigene diventano tali quando convivono nelle vicinanze attività produttive (industrie, botteghe artigiane, allevamenti di animali, discariche) e insediamenti abitavi.

Anche a livello legislativo regna un po’ di confusione. L’unico articolo del codice penale che fa riferimento alla questione è il 647:

«Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni  di  gas,  di  vapori  o  di  fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda […]».

Le sanzioni penali, ma anche i “confini” del reato, restano labili e questo contribuisce a complicare il quadro sia sul piano sanzionatorio, sia sul piano della possibile risoluzione dei conteziosi.

Uno degli enti da sempre impegnato nel controllo delle emissioni odorigine è Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) da tempo in prima linea nell’analisi e nella rilevazione dei cattivi odori. Un lavoro articolato che richiede una combinazione di diversi strumenti di valutazione, proprio per la variabilità delle sorgenti, la tipologia di emissione e la modalità di diffusione, nonché la connessione con la soggettività della percezione umana cui si accennava.

Uno dei parametri usati per fotografare il fenomeno si basa sul concetto di annoyance ovvero sul fastidio percepito e sull’irritazione psicologica provocata dalle emissioni. Sebbene non ci sia connessione diretta fra cattivi odori e pericoli per la salute – come già ricordato – diversi studi sottolineano che gli odori sgradevoli possono essere fattori scatenanti di patologie come mal di testa, irritazione oculare, stanchezza e problemi respiratori (tosse, infiammazioni). Ovviamente l’insorgere di tali problemi non è univoco: dipende da una serie di fattori fisiologici, come età o sesso, assuefazione, rischio per la salute percepito e fattori sociali.

Le emissioni odorigene sono in genere miscele complesse di diversi composti chimici volatili ed è quindi quasi impossibile una misurazione quantitativa del fenomeno. L’approccio generalmente utilizzato per affrontare il problema si muove quindi su diversi livelli: 1) modelli di dispersione atmosferici, 2) distanza dalla fonte, 3) frequenza degli eventi odorosi, 4) analisi dei composti chimici, 5) monitoraggio dei reclami relativi alla percentuale di residenti.

L’Arpa fa appello a diverse strategie: da una parte invoca strumenti tecnologici che possano aiutare nella rilevazione del fenomeno come sistemi olfattivi elettronici (chiamati in gergo “nasi elettronici”), dall’altra promuove app capaci di estendere il più possibile fenomeni di controllo e censimento del problema. Allo stesso tempo però suggerisce forme di citizen engagement, cercando di coinvolgere i cittadini nelle operazioni di monitoraggio, con il controllo attivo del territorio e con l’utilizzo di database capaci di incrociare dati creati dagli stessi cittadini.

Tentativi di questo genere sono stati per esempio messi in campo nel caso di Falconara Marittima, dove Arpa Marche ha proposto un sistema integrato e incrociato di controlli, chiedendo alla popolazione di divenire parte attiva del processo attraverso la app Odornet, capace di incrociare dati, fornire report ma soprattutto dimostrare che è possibile la collaborazione fra istituzioni e cittadinanza.

Anche in Umbria Arpa ha costruito una rete capillare di sistemi olfattivi elettronici e stazioni di campionamento attivabili da remoto sulla base delle segnalazioni della popolazione, mostrando anche in questo caso, che tecnologia e cittadinanza attiva possono fare la differenza nella risoluzione di problemi simili.

In Puglia invece è stato attivato un sistema di segnalazioni web-based, gestito da Arpa Puglia, in grado di recepire segnalazioni provenienti dall’intero territorio regionale.

Nel Lazio è stato sperimentato un approccio diverso. Arpa Lazio attraverso un laboratorio mobile molto sofisticato ha scelto di misurare la concentrazione dei composti ridotti dello zolfo e promuovere quindi un sistema di monitoraggio di tipo analitico.

Insomma per una questione complessa come quella delle molestie olfattive e delle emissioni di cattivi odori da parte degli impianti produttivi, non esiste un’unica soluzione praticabile. Piuttosto esistono approcci e modalità di risoluzione diverse fra loro, capaci di mettere in relazione istituzioni e cittadinanza, la cui collaborazione appare oggi l’unica precondizione necessaria per la risoluzione di questo problema.

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