Lo smaltimento delle mascherine e dei DPI

Uno degli effetti collaterali più negativi della pandemia da Covid 19 è l’aumento esponenziale di rifiuti plastici. In particolare i cosiddetti DPI (Dispositivi protezione individuale) come mascherine e guanti monouso – che ormai appartengono alla quotidianità di ogni persona – hanno invaso l’ambiente, iniziando a comparire su strade, spiagge e corsi d’acqua. Basta semplicemente guardarsi intorno per notare qualche residuo plastico abbandonato e non smaltito correttamente.

Appare evidente quanto l’aumento esponenziale di questi rifiuti – che non possono essere riciclati e quindi devono essere avviare a discarica – stia diventando una criticità di cui tenere necessariamente conto, per evitare che alla pandemia di SARS-COV-2 segua un disastro ambientale.

Ma qual è il modo corretto per smaltire i DPI? Qual è la classificazione di questi rifiuti?

Sulla base delle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) tracciate nel documento intitolato le Indicazioni ad interim su gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico[1], si distinguono due tipi di rifiuti: quelli a uso domestico e quelli a uso non domestico. Discorso a parte riguarda i rifiuti ospedalieri che non possono essere avviati a discarica ma solo termodistrutti. Nello specifico infatti i “dispositivi per la gestione dei pazienti Covid-19 sono considerati rifiuti sanitari pericolosi (D.P.R. 254/2003) a rischio infettivo e devono essere smaltiti mediante termodistruzione in impianti autorizzati (ai sensi del D.Lgs. 152/2006)”, vista la loro pericolosità.

Per le utenze domestiche in cui non sono presenti soggetti positivi o in quarantena i DPI, mascherine e guanti vanno smaltiti nella raccolta indifferenziata senza particolari accorgimenti, seguendo le linee guida del comune di appartenenza perché considerati rifiuti urbani ordinari. Dove invece sono presenti soggetti positivi o in quarantena, l’ISS consiglia di interrompere la differenziata e gettare tutti i rifiuti (e quindi anche i DPI) nell’indifferenziata, avendo però l’accortezza di gettare le mascherine avvolte in un sacchetto, insieme a fazzoletti e carta igienica.

Per le attività lavorative dove esistono flussi di rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani indifferenziati (codice EER 200301), mascherine e guanti vanno smaltiti insieme a questi rifiuti, dove invece non sono presenti tali flussi “il codice in grado di rappresentare meglio la tipologia di rifiuto costituito dalle mascherine e i guanti monouso è l’EER 150203”. L’ISS consiglia inoltre di utilizzare raccoglitori appositi in cui gettare i DPI. È questa la corretta classificazione dei rifiuti.

Ma qual è il volume effettivo dei materiali plastici che attendono di essere smaltiti e quindi dei rifiuti specifici prodotti durante la pandemia di SARS-COV-2? Nello specifico esistono modelli di proiezione sui consumi oppure analisi dettagliate effettuate nei paesi dove la pandemia è iniziata prima.

Per esempio, secondo un articolo pubblicato su “Sciencemag.org” dal titolo Accumulation of plastic waste during COVID-19[2] (L’accumulazione di rifiuti plastici durante il COVID-19) e firmato da Tanveer M. Adyel, sulla base di consumi standard di una mascherina al giorno, la popolazione mondiale produrrebbe 129 miliardi di maschere facciali e 65 miliardi di guanti in un solo mese. In Cina epicentro della fabbricazione di mascherine monouso la produzione è aumentata sensibilmente: 116 milioni di mascherine prodotte a febbraio, circa 12 volte la quantità abituale. Una cifra impressionante che impone una profonda riflessione, prima che la questione ambientale diventi il problema da risolvere.

Sempre nello stesso articolo uscito su “Sciencemag.org” si cita il caso il caso di Wuhan – epicentro della pandemia di Sars-cov-2 all’inizio del 2020 – prima città a sperimentare un rigido lockdown e il conseguente proliferare di DPI. In quel periodo gli ospedali cittadini producevano 240 tonnellate di rifiuti medici di plastica al giorno, 6 volte la quantità giornaliera precedente la pandemia.

Questi dati suggeriscono la necessità di un cambiamento generale: oltre alle politiche statali e alla gestione nazionale dei rifiuti – con un volume così alto di DPI utilizzati – a fare la differenza sono soprattutto i comportamenti individuali e la responsabilità di ogni cittadino.

Per riguarda l’Italia, il Ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la Guardia Costiera, Ispra, Iss, Enea e la “Commissione Colao” ha promosso una campagna di comunicazione[3] per invitare i cittadini al corretto smaltimento dei materiali plastici dei DPI e incoraggiare comportamenti virtuosi. Durante il lancio di questa campagna è stata stimata: “una produzione giornaliera di rifiuti da mascherine pari a circa 410 tonnellate, con un valore medio previsto per la fine del 2020 di 100.000 tonnellate di rifiuti; la produzione di rifiuti da guanti sino a fine anno sarà di un valore medio di 200.000 tonnellate”.

Il punto di equilibrio fra sicurezza sanitaria e problema dei rifiuti esiste ed è interconnesso alla corretta pratica di smaltimento. Non solo perché una corretta gestione dei rifiuti plastici riduce il rischio di trasmissione del virus ma soprattutto perché questi comportamenti virtuosi possono fare la differenza sul lungo termine, promuovendo una coscienza ambientale. Necessaria per lo sviluppo del Paese.


[1] https://www.iss.it/documents/20126/0/20200519+Rapporto+ISS+COVID-19+n.+26_2020.pdf/221a18a2-1de8-5e34-e577-2a121baaa231?t=1589885416433

[2] https://science.sciencemag.org/content/369/6509/1314

[3] http://www.governo.it/it/media/campagna-sul-corretto-smaltimento-delle-mascherine-e-dei-guanti/14867

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